di Arianna MICHETTONI
Le pagelle biancazzurre del trionfo della Lazio al “Sinigaglia” di Como.
Provedel – 6: Se sul gol subito nulla può, poi nient’altro macchia la sua prestazione. Sempre vigile, sempre attento, sempre fortunato – ipnotizza gli avversari inducendoli a fondamentali (quanto grossolani) errori.
Marusic – 6.5: Si propone in avanti e chiama palla con la stessa proposizione di chi abbandona la zona di comfort difensiva. Sta meglio nei recuperi difensivi – seppur pochi, di assoluta efficacia. Splende quando c’è da contenere il caotico entusiasmo biancoblù, causato dal momentaneo 1-2. (Dal 79’ Gigot – 6: Ingresso intelligente, per fermare qualsiasi tentativo di reazione comasca.)
Gila – 6.5: Tiene le diagonali col piglio di un geometra, bravissimo a disegnare le traiettorie avversarie e a impedirne la realizzazione. Fa le sue incursioni offensive, che tanto gli piacciono e da cui, tutti, tanto traggono beneficio. Migliore difensore in campo.
Patric – 6.5: Il gol sopperisce ai tanti errori difensivi – l’ultimo, su Cerri, di una gravità dimenticata dall’errore del giocatore del Como. Da terzino fa peggio: nei suoi minuti da centrale affiancato a Gila, limita i danni – aiutato anche dall’iniziale inconsistenza comasca. (Dall’87’ Lazzari – 6: Torna e realizza l’assist vincente per Tchaouna. Felicissimo rientro.)
Nuno Tavares – 6: L’esplosione offensiva (la media è di un assist a partita, quasi) non può fargli dimenticare i doveri difensivi. Ed è pur vero che la partita si vince con un gol di scarto, ma lo stesso gol di scarto va preservato senza pericolosi giro-palla). La certezza nei suoi mezzi lo porta a un errore di troppo, lasciando la Lazio in 10. Perdonato per aver comunque garantito e partecipato alla vittoria biancazzurra.
Vecino – 6.5: Utile il suo gioco nei momenti di maggior chiusura comasca, perché ha aiutato la Lazio a trovare gru spazi utili ai due gol del primo tempo. Va un po’ peggio nel secondo tempo, quando c’è da contenere l’arrembaggio lariano.
Guendouzi – 6: Molte idee, ma confuse. Fa fatica a trovare la giusta porzione di campo da cui impostare la manovra di gioco, ma offre comunque una buona assistenza ai suoi compagni. Gli viene spesso affidato il ruolo di tramite, che svolge con abnegazione e proposizione.
Isaksen – 5.5: Insufficienza sofferente, ma necessaria come il metaforico schiaffo d’orgoglio. L’evidenza della sua bravura è premiata dalla scelta di Baroni, che lo sostituisce solo per bilanciare l’uomo in meno. Una fiducia, ad oggi, non ancora pienamente ricambiata: sbaglia in genere gli ingressi in area, pecca di grinta, coraggio e determinazione. Non facilmente giustificabile. (Dal 66’ Pellegrini – 6: Ha certamente bisogno di più tempo giocato, non solo sul campo, ma per entrare negli automatismi dei suoi compagni. Il campo scivoloso quasi gli causa ingenerose critiche, cui risponde con una prestazione sufficiente e convincente).
Pedro – 7.5: Sfida la ridondanza dei complimenti e dell’incredulità delle prestazioni agite, dei gol realizzati e della freschezza di gioco. Pur avendo usato tutte le parole, consumato i significati e inventato nuove descrizioni, nessuna ancora compiutamente racconta la velocità, la capacità di raggirare l’avversario e di capire tempo e modo di inserimento nell’area avversaria. Più che una seconda giovinezza, una lunga, speriamo eterna, carriera di successo. (Dal 79’ Tchaouna – 6.5: Chiamato a non far rimpiangere un Pedro fermato solo dalla tenuta fisica, segna la “manita” e contribuisce alla dolcissima notte laziale).
Noslin – 5.5: Fa ancora fatica ad inserirsi, soprattutto quando non può fare del fisico e dell’agilità tecnica le caratteristiche immediatamente spendibili in campo. Delude quando il Como chiude tutti gli spazi, ha poco tempo per mostrare altro.
Castellanos – 7: Tenta un paio di giocate funamboliche, poi capisce che è dalla concretezza che viene il miglior risultato. Istantanea della sua partita: la cura che ha del pallone prima ancora che venga assegnato il rigore – da lui, poi, segnato.
All. Baroni – 9: Fa scorta di dolcetti senza indossare alcuna maschera. Lo scherzetto lo tira al Como, ultima caduta sotto i colpi del duro lavoro e dell’ottima preparazione. Viva la semplicità dell’uomo che è proprio ciò che sembra: una brava persona, un bravo allenatore.