di Arianna MICHETTONI

Provedel – 5.5: Sedere in panchina nuoce gravemente alla sua salute agonistica. Sin dal fischio di inizio pare confuso, deconcentrato, quasi affaticato nel suo ruolo. E l’errore (umano) non esagera una prestazione insufficiente: perdere l’equilibrio, inciampare, fa parte del gioco. Che bisogna giocare, però, soprattutto non sbagliando le uscite e i richiami di posizione.

Lazzari – 6: L’eccesso di generosità interrompe prematuramente la sua partita, spesa nel tentativo di aiutare la squadra in svantaggio. Lo strappo ha una duplice accezione: è la causa e l’effetto, il movimento tra il fulmineo e il disperato e la rovinosa caduta con conseguente sostituzione. (Dal 38’ Marusic – 6: Ha il fisico necessario ad affrontare l’animosità dell’Empoli e a spazzarne via le velleità offensive. Meno mobilità, più concretezza).

Gila – 6.5: Impavido, spavaldo e… altruista: è d’ispirazione ai compagni di reparto, mostrando loro perfette chiusure in scivolata e palle giocate sin dentro l’area avversaria.

Romagnoli – 6: Ha una minuscola corresponsabilità sul gol di Esposito, che non marca con convinzione e peso.

Tavares – 6.5: Pur lontano dalla sua migliore prestazione, conferma e perfeziona il ruolo di uomo-assist: dal suo piede si genera il colpo di testa di Zaccagni e, più in generale, tutto ciò che di veloce e dirompente costruisce la Lazio. (Dall’86’ Pellegrini – SV).

Guendouzi – 6.5: Guendovunque è bello, trovar il proprio posto nel mondo (o, più limitatamente, in campo) è meglio: non sempre coprire ogni posizione è un bene, non se risulta in un’imbarazzata (e imbarazzante) invadenza degli spazi altrui. Per velocizzare la giocata rischia l’errore, contribuendo alle iniziali difficoltà biancazzurre. Cresce al crescere della squadra, accompagnando tutte le occasioni che costruiscono la vittoria laziale.

Rovella – 7: Il più ordinato a centrocampo, il più razionale nei momenti peggiori. Durante le fasi di minor lucidità offre compattezza tra i reparti; nei momenti di maggiore stanchezza, sopperisce agli errori e alle carenze dei compagni. Un lavoro essenziale, quello del bullone che consente il lavoro dell’ingranaggio.

Isaksen – 6: Sbaglia chi fa. Per Isaksen, in misura proporzionale: fa tantissimo, mettendosi in mostra agli occhi di tutti; una proposizione così evidente (e costante) da risultare in una serie di errori. Più che perdonabili, dato il nulla di rimando della sua squadra – illude, ma almeno non delude. (Dal 72’ Pedro – 7.5: La sua eterna giovinezza emoziona, se non commuove: il piglio all’ingresso è di chi sa esattamente cosa fare, quando farlo, come farlo. Chiede palloni, immaginando già l’esito della sua giocata: un futuro a portata di mano, dieci dita, una per ogni minuto giocato. Tanto impiega a ribadirsi un campione).

Dia – 5.5: Sparisce negli spazi chiusi dall’Empoli, forse sopraffatto dalla fallosità avversaria. Atteggiamento poco coerente per chi fa della propria fisicità un punto di forza. (Dall’86’ Castrovilli)

Zaccagni – 6.5: Bello il suo tentativo di rovesciata, ancor più bello il suo stacco che parabola la palla alle spalle di Vasquez. Sembra quasi “Castellanizzato” nei movimenti e nel ripulire i palloni da giocare in area, migliorando il suo score. (Dall’87’ Noslin – SV).

Castellanos – 5.5: Inevitabile il retropensiero sulla faccenda rigore/rigorista, che si conclude nel peggiore dei modi. La narrazione lo trasforma nel cattivo che fallisce il potenziale gol del vantaggio, con inevitabili conseguenze sulla sua tenuta mentale.

All. Baroni – 8: È la personificazione della goccia che scava la roccia: con pazienza, costanza e dedizione alla caduta ha saputo frantumare le difficoltà, gli imprevisti e le durezze altrui. In silenzio, proprio come il contraltare della sua essenza: una goccia non fa rumore, ma sai quando ti cade addosso e istintivamente volgi lo sguardo verso l’alto, a ricercarne l’origine. Ma guardando in alto si vede solo la Lazio.

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