Nel giorno dell’anniversario della vittoria del 26 maggio 2013, ospitiamo i racconti di cari amici e colleghi e dei nostri redattori su quella fantastica giornata. Iniziamo da una firma prestigiosa, Luca Capriotti.




Il distanziamento sociale del 26 maggio

Il 26 maggio è divisivo: non esisterà mai una partita capace di creare così tanto distanziamento sociale. Altro che metro e mezzo di distanza: il gol di Lulic ha scavato un abisso nella storia. Da una parte i vincitori, e vae victis. Non mi ricordo come preparavo quel derby. Non mi ricordo le ansie sommesse e poi a picco, o meglio: le informazioni, la certezza di farcela e la paura della sòla.

O meglio, quella finale. O meglio, quel pensiero ossessivo, quel tic all’occhio, minuti che diventano ore e poi corrono veloci, si fermano, cristallizzano nella memoria i fotogrammi, le smorfie di ansia. Non mi ricordo come è andata dopo il gol di Lulic, o meglio solo frammenti, solo lunghissimi piani sequenza, solo un peso immenso caduto dal cielo a terra, una sorta di giustizia.

Non mi ricordo come ho festeggiato, o meglio, i giocatori che si facevano le foto con la Coppa, qualcuno a petto nudo, l’alcol, l’ebbrezza, Marchetti in piedi su un cancello. Non mi ricordo il giorno dopo: o meglio, le loro facce, le consapevolezze, l’idea che sarebbe stato per sempre. Non mi ricordo, o meglio mi ricordo tutto. Il 26 maggio è divisivo: non sono io quello che vorrebbe dimenticare.






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