di Arianna MICHETTONI
Provedel – 6: È una sufficienza di fatto, non migliorabile da un (auto)gol di Leao annullato per fuorigioco, ma riequilibrata con la più difficile parata di giornata, quella su Okafor che fa, ma non basta a far punti.
Marusic – 4.5: Il tentativo di allungarsi sulla trequarti per poi rifugiarsi in un retropassaggio non lo rende un giocatore accorto o previdente, al contrario, lo rende prevedibile. Gli avversari non lo temono al punto di rinunciare a giocare sulla sua fascia, che lui occupa alla ricerca dell’occasione giusta da sbagliare ancora. Viene inspiegabilmente espulso nel recupero, lasciando una Lazio in 9, agonizzante e privata di ogni possibilità di ripresa.
Gila – 6: Solido, costante, resta in campo nonostante la minaccia di un infortunio aleggi sulla sua condizione fisica. Regge bene i primi 45 di gioco, tenendo gli equilibri di una gara che non fa dell’esaltazione offensiva il punto di attenzione. È costretto alla resa solo su Okafor, colpa che però ricade completamente su Felipe Anderson.
Romagnoli – 6: Nessuna emozione da ex: fa ostruzionismo convinto contro Giroud, Leao e chiunque provi a superare la difesa biancazzurra. L’espulsione di Pellegrini gli appesantisce il ruolo, pure perché gli causa un’ammonizione per proteste.
Pellegrini – 4.5: Non basta il senso di appartenenza per garantire valore alle proprie prestazioni. Di errori ne ha accumulati tanti, di palloni sbagliati di più, ma ciò che davvero preoccupa è l’abbondanza di cartellini subiti – sinonimo di fallosità cui fa ricorso per sopperire a mancanze tecniche. L’espulsione è solo il cono d’ombra proiettato da una totale eclissi agonistica.
Guendouzi – 6.5: Svolge il più evidente lavoro di avanzamento, nel tentativo di recuperare metri utili al portare avanti la squadra. Tenta di insinuarsi nella retroguardia rossonera ed è costantemente presente nell’area avversaria, ma non ha – né produce, perché interrotto, in senso assoluto – giocate di cui approfittare. Di tanto in tanto tenta di rianimare una Lazio che, grazie a lui, dimostra di essere ancora viva. Resta il migliore in campo nonostante l’espulsione, accolta dagli applausi dei tifosi laziali presenti.
Vecino – 6: La sua prestazione è racchiusa in una questione di centimetri, gli stessi che lo separano dal gol pochi minuti dopo l’inizio. Nessuna consacrazione, solo il riconoscimento di una partita disciplinata e ordinata per sé e per gli altri. (Dal 78’ Cataldi – SV: ci prova con un tiraccio debole e privo di potenziale. Dal suo ingresso in campo il minutaggio giocato e sottratto al delirio arbitrale è troppo poco per essere valutato).
Luis Alberto – 6: Il primo sacrificato (e il primo sacrificabile) nel ridisegnare in 10 interpreti lo schema tattico laziale, metafora di un posto occupato e quasi superfluo negli equilibri della squadra. (Dal 60’ Hysaj – 5.5: Scelto per ridefinire la difesa orfana di Pellegrini, porta con sé il rimpianto di una prestazione che avrebbe potuto giocare titolare: fa meglio di Pellegrini – e ci vuol poco; soprattutto, fa cose semplici a beneficio di un gioco sulla fascia che trae vantaggio da passaggi e restituzioni veloci – vanificate dall’entropia causata dall’inferiorità numerica e dal vantaggio rossonero).
Felipe Anderson – 5: Da evanescente a ectoplasmatico: gli avversari lo attraversano come fosse incorporeo e quando, invece, la sua presenza si fa tangibile, Felipe Anderson gioca per gli avversari e offre l’assist vittoria a Okafor.
Castellanos – 5: Non ha ancora la misura del campo e delle giocate dei suoi compagni, nonostante sia caparbio nei tentativi di conquistare centimetri per ampliare la sua manovra. La sensazione, però, è che non possa essere il bomber d’aria col fiuto del gol. (Dal 60’ Immobile – 6: La panchina è giustificata dalla necessità che, in questo caso, non è assolutamente virtù. Entra e ha sui piedi la palla del vantaggio in due occasioni, l’ultima magnificamente ispirata da Guendouzi. Ad Immobile manca la condizione, alla Lazio mancano i suoi gol).
Zaccagni – 6: Inizialmente è il più pericoloso poi però diventa inconsistente, forse penalizzato da una condizione fisica che per l’intero svolgersi della stagione ha pesantemente condizionato le sue prestazioni. Ha purtroppo un ruolo fondamentale, che massimizza i down tecnici: tutto il gioco della Lazio è alimentato dal dinamismo sulle fasce che, se assente o alternato, vabifica qualsiasi pericolosità. (Dal 66’ Isaksen – 5.5: Al netto della condizione fisica, la sua presenza in campo è sempre preferibile per dinamicità e capacità di saltare l’avversario. Qualità purtroppo tardive e non sfruttate dalla Lazio).
All. Sarri – 5: L’errore definitivo è l’aver approcciato razionalmente ad una gara gestita, giocata, irrazionalmente. Le colpe della Lazio sono tante, gli sbagli di Sarri non si contano, ma il non aver ritirato la squadra dal campo all’espulsione di Guendouzi è il peccato originale non espiato e causa di tutte le sofferenze laziali.