di Claudio CHIARINI

Seppellito, almeno apparentemente, il malnato progetto della Superlega, ecco che l’incubo di un super campionato rientra dalla finestra, ma fuori dall’Europa calcistica. I paesi arabi, infatti, principalmente Arabia Saudita e Qatar, dopo essersi accaparrati i Mondiali del 2022 in Qatar a suon di euro e tangenti, stanno razziando, sempre a suon di milioni, i datati campioni di tutto il mondo.




Karim Benzema (35 anni) ha lasciato il Real Madrid per firmare uno stratosferico triennale con l’Al Ittihad (Lega Saudita) da 100 milioni di euro a stagione fino al 2026; due giocatori del Chelsea, N’Golo Kantè (32 anni, ingaggio di 100 milioni in 4 anni) e Kalidou Koulibaly (33 anni, ingaggio di 90 milioni in 3 anni) stanno per raggiungerlo salutando il Chelsea e risanandone le esangui casse, mentre prima ancora l’apripista Ronaldo aveva firmato per 200 milioni a stagione per l’Al Nassr (Lega Saudita).

Lionel Messi invece ha rinunciato a una vera e propria valanga di soldi, pare 500 milioni per un anno di contratto offertagli dall’Al Hilal, altro club della Lega Saudita, preferendo trasferirsi in MLS, all’Inter Miami di David Beckam, ma non ha certo potuto rinunciare a firmare un accordo con il paese arabo per diventarne il testimonial del turismo. In cambio la Pulga riceverà oltre 22.5 milioni di euro solamente recarsi nel in Arabia Saudita almeno una volta all’anno insieme alla sua famiglia, ovviamente completamente spesato, e postare sui social qualcosa di approvato dai sauditi.

Nel suo piccolo, anche il laziale Luis Alberto (30 anni) pare stia per rinunciare alla lauta offerta di un quinquennale da 40 milioni di euro complessivi offertogli dall’Al-Duhail (Qatar Stars League) convinto dal rilancio, per ora solo verbale, di Lotito di un prolungamento di contratto a 4 milioni più bonus annui fino al 2027. Rinuncia che invece non farà il milanista Tonali che sottoscriverà il contratto di 6 anni con ingaggio di 8 milioni di euro netti a stagione, più 2 di bonus legati al raggiungimento di determinati obiettivi offertogli dal Newcastle, di proprietà araba, che per acquistarlo dal club rossonero ha pronta una cifra intorno agli 80 milioni. Anche l’interista Brozovic sembra essere a un passo dall’Al Nassr, contrastato però dalla concorrenza del Barcellona, e sempre a fronte di un super ingaggio

Mentre la Superlega prevedeva l’alleanza di alcuni dei club più potenti d’Europa, con Real Madrid, Barcellona e Juventus in testa, nel caso degli arabi è una sola holding, la PIF (Public Investment Fund), a detenere quattro squadre di proprietà nel solo Campionato arabo, più il Newcastle in Premier League e Champions League, mettendo montagne di soldi a disposizione per ciascuno di questi cinque club allo scopo di rinforzarsi acquistando campioni a cifre folli e al di fuori da ogni logica di mercato.

Come scrive giustamente Lapo De Carlo su Linterista.it: “Gli arabi hanno distrutto tutta l’ipocrita impalcatura costruita da Uefa e FIFA, che in questi anni hanno maldestramente fatto credere che il calcio fosse di tutti. Hanno impedito la nascita della Superlega nata dall’esigenza dei club più importanti, già al corrente di questa scalata araba e dell’insussistenza dei costi gestionali. La Superlega, venduta malissimo e accolta peggio dai media, ha trovato un muro, con l’Uefa che ha preparato la riscossa usando tutto il suo potere. Distrutta la possibilità di creare un torneo alternativo e ricchissimo, oggi ne nasce un altro, con presupposti diversi. Un solo proprietario che possiede più club nello stesso Campionato è possibile solo in Arabia e i bilanci non li controlla nessuno, non hanno alcun fair play finanziario da rispettare e organi che vigilino. Perciò ogni pretesa di concorrenza leale viene appallottolata”.

Tuttavia l’esperienza ci insegna che, a volte, non tutti i mali vengono per nuocere: basta saper cogliere le occasioni che spesso si presentato e non restare ad occhi serrati di fronte a nuove opportunità. Ed io, dinanzi a tutto questo sfacelo, alla morte del calcio come sport, sostituito dalla mera logica del business ancor più che dello spettacolo, intravedo una grandiosa possibilità di rinascita. La rinascita dei campionati nazionali così come erano negli Anni 70, 80 e 90, ricchi di giocatori nativi del posto, alimentati dalla passione del sano campanilismo, dell’appartenenza e della goliardia che sono i veri elementi che forniscono sale e pepe al calcio, un gioco che, se preso di per sé, senza l’elemento del tifo, a favore o contro che sia, perde totalmente di gusto, diventa noiosissimo, soporifero da guardare, soprattutto sprofondati su un comodo divano, e divertente solo da praticare.

Viva dunque il ritorno al calcio culturalmente nazionalistico che fu e che sta ormai scomparendo, alle domeniche allo stadio, alle curve, ai cori, anche di sfottò, all’aggregazione giovanile, alle scenografie, alle trasferte. E abbasso l’attuale e futuro calcio paludato della tv, dei commentatori banali e asserviti, delle partite tutti i giorni della settimana, delle competizioni inutili e ridicole come la Conference League e la Nations League.






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