di Claudio CHIARINI (giornalista Tuttosport)
Che sia secondo o terzo posto, la Lazio si trova di fronte a un bivio. Per l’ennesima volta, durante la ormai ventennale presidenza Lotito. Il Senatore Claudio ha in mano i dadi, si trova sulla sponda del Rubicone e deve decidere se lanciarli, attraversando quella sponda, oppure fare dietro front.
Il fiume Rubicone è impersonificato dal comandante vittorioso Maurizio Sarri, i dadi dal diesse in scadenza Igli Tare. E pare che, finalmente, Lotito abbia tutte le intenzioni di gettarsi questi dadi dietro alle spalle, decidendo di immergersi nelle turbolente acque del fiume in piena, con la fiducia che queste possano sfociare nell’accogliente mare del successo.
Da presidente navigato qual è, Lotito, in cuor suo, ha deciso la sostanza della sua prossima mossa. Quella ancora da definire è la forma. Il lungo abbraccio con Tare sta per sciogliersi, ma non vorrebbe essere lui il primo a mollare la presa. Ed ecco allora venirgli incontro un alleato, in grado di addolcire il distacco per entrambi gli amanti: ecco dunque comparire all’orizzonte il trionfante Aurelio De Laurentiis, pronto ad accogliere Igli tra le proprie amorevoli braccia.
Con questo auspicabile finale ne uscirebbero tutti vincenti. In primis Maurizio Sarri, che avrebbe nelle mani lo scettro del comando delle operazioni di mercato biancazzurre e potrebbe, come desidera, continuare a sviluppare il proprio calcio spettacolare e vincente in una piazza dal cui amore è stato travolto e con a disposizione una squadra da plasmare a propria immagine e somiglianza.
In seconda battuta Igli Tare, che dopo 15 anni di bassi (molti) e alti (pochi) alla Lazio, potrà affermare di compiere un salto di qualità approdando alla società neo-scudettata.
In terzo luogo il prode condottiero Aurelio, che coprirebbe brillantemente il prossimo vuoto lasciato dall’uscente diesse Cristiano Giuntoli, l’architetto del successo partenopeo.
Infine il Senatore Claudio, che agendo finalmente in piena sintonia con i desideri del popolo biancazzurro, compierebbe una mossa forse decisiva per disinnescare l’atavica diffidenza che dall’origine della sua apparizione nel mondo Lazio caratterizza i rapporti con quella che ha sempre amato definire “sparuta minoranza”, ma che in realtà così sparuta non è mai stata.