di Arianna MICHETTONI

Le pagelle biancazzurre del trionfo nel derby: un gol di Zaccagni piega la Roma e permette alla Lazio di fare doppietta in questa stagione dopo il successo dell’andata.




Provedel – 7: Lo sai che la Tachipirina 500 se ne prendi due diventa super-Provedel? Geneticamente modificato dall’antipiretico, diventa anche anti-tiri romanisti (dato statistico di un derby non giocato a calcio). Di parate poche, di dominio nella sua area molto.

Hysaj – 7.5: La titolarità meritata è l’elegia dell’ovvio, la buona prestazione sempre degna di essere citata – nonostante la facilità con cui si giochi a calcio, affrontando l’anticalcio. È valore aggiunto sulla trequarti – dialoga spesso con Zaccagni e Luis Alberto – ed è rapido nei rientri. L’eccellenza, forse raggiungibile, si trova nella pulizia del tocco che ha invece ancora un po’ sporco.

Casale – 8: Ha la lucidità accresciuta dal sereno distacco, la stessa che splende dall’interno illuminando la sua migliore prestazione difensiva. Non passa nulla, e lo stesso nulla smette pure di tentare il passaggio: ha già rinnegato i pellegrini prima che il gallo canti tre volte.

Romagnoli – 7.5: Gioca due partite: la prima, da difensore colonna portante della SS Lazio; la seconda, da tifoso della prima squadra della capitale. Doppio impegno, doppio sforzo – e un gioco che si trasforma in una gara contro sé stessi. Vincerne una è il merito che premia la fatica, vincere entrambe è la gloria che accompagna l’impresa.

Marusic – 7.5: Un tempo la prestanza fisica, oggi la prepotenza fisica. Allarga la sua massa per coprire uno spazio maggiore, senza farsi mai impensierire sulla fascia. Un’azione che si fa particolarmente efficace al vantaggio, necessaria ad annullare gli isterici tentativi giallorossi – Spinazzola su tutti. Per dovere di cronaca: viene espulso perché colpito, suo malgrado, dalla rissa scattata dopo il triplice fischio.

Milinkovic – 6.5: Riduce tutto all’essenziale: persi i fasti delle giocate difficili, torna alla bellezza delle cose facili. Contiene il centrocampo, accetta di far da congiunzione con il reparto difensivo, distrae Cataldi dai suoi errori e se li prende nei suoi piedi. Una confusione esteriore che è forse il riflesso di una confusione interiore – una linea sottile e sbiadita tra l’identità di gioco e l’identità di sé.

Cataldi – 6.5: Da spartito dell’orchestra Lazio diventa voce fuori dal coro, grintosa durante le fasi strategiche e sommessa nell’arrembaggio, intonata in duetto e stonata ad ogni singola iniziativa. Trascina e si fa trascinare dal gruppo, in un continuo fluire di forze che prende dagli avversari e restituisce ai suoi compagni quando il centrocampo si fa particolarmente affollato.

Luis Alberto – 7.5: Ha l’ardire del tiro da fuori e l’ardore di ogni protesta che, se non innesca, corre ad alimentare. L’energia caotica del numero 10 gli appartiene, e lo stesso caos non è privo di errori: lo sbaglio con il maggior potenziale è il mancato passaggio ad un Pedro solo e lanciato a rete. L’entropia del finale si esprime soprattutto nell’assenza della sua mimica facciale: fa diventare serio persino un giropalla, utile però a nasconderla agli avversari.

Pedro – 8: La gioia si accresce provandone nostalgia già mentre accade: guardarlo giocare è sentire netto, al centro del piacere, il dolore di una clessidra che sta esaurendo la sua sabbia. Ipnotizza col suo cadere, lento e cadenzato e preciso al millesimo di secondo, sopra gli avversari. L’esperienza fa il resto: Sarri se ne priva solo quando la squadra ha imparato il suo modo di giocare il derby. (Dall’89, Cancellieri – SV)

Felipe Anderson – 7.5: Il suo protagonismo sta nel lasciare il suo ruolo da protagonista, scegliendone uno più prezioso: l’aiutante, quello che costringe l’avversario al pressing, al fallo, alla perdita di posizione. Il merito di non fornire punti di riferimento agli avversari sta anche nei suoi movimenti, spesso fermati dal gioco estremamente falloso di tutta la difesa giallorossa.

Zaccagni – 8.5: Il migliore in campo, dotato di maggiore visione di gioco e il più atleticamente performante; subisce il maggior numero di falli, unico modo per fermare la sua supremazia. Diventa eroe del derby e nome da consegnare – come pegno sull’altare della corsa Champions – ad una serata che si chiude sulle note di “satisfaction”, la grande soddisfazione biancazzurra. (Dall’81, Basic – SV)

All. Sarri – 8: Gliel’aveva promessa, con la saggezza che non fa nessun proclama ma ha la pazienza di spiegare, insistere, giocare con le parole come fa con gli avversari. E come gioca con la testa dei suoi uomini e dei suoi tifosi, costringendoli ad applicare i dettami filosofici ad una eliminazione di Conference – ora giustificata dal miracolo ripetuto in Serie A. Le cose sono come devono essere, il nuovo concetto universale.






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