di Arianna MICHETTONI
Provedel – 6: Fa poco, letteralmente. Due parate – su tiri che non impensieriscono –, applausi alla sua difesa, quattro passi per sgranchirsi le gambe e poi l’uscita, lei, cinematografica, che gli vale il soprannome di finimondo. Lo stesso finimondo se non avesse gestito quello sventato dribbling sulla linea di fondo, insomma.
Hysaj – 7: Smentisce sontuoso i detrattori preventivi, quelli del sussulto alla lettura della formazione e dalla risatina al suo ingresso in campo. Che ora sussultano di sorpresa e ridono, ma di gioia: la fascia è coperta, è l’uomo aggiunto in area e avanza anche per servire nel nulla al centro – ma non importa, il suo ritorno tutto perdona.
Casale – 6.5: Una prestazione macchiata unicamente dall’entrata in ritardo su Laurienté, causa del cartellino giallo rimediato. Ma la crescita esponenziale persiste: è il perfetto compagno di reparto difensivo, attento a tener la linea durante le ripartenze neroverdi, capace anche di anticipare l’avversario (Dall’89 Patric – SV ma menzione di merito al platino dei suoi capelli, e un bentornato in campo).
Romagnoli – 7: Immola il bel faccino per salvare su tiro di Berardi, mossa efficace la sua e che non lascia stordimento sui suoi movimenti – fondamentali per la tenuta della squadra, per i suoi equilibri e per le sue ripartenze. Se la porta resta inviolata, per gran parte il merito é il suo.
Marusic – 6,5: Al solito, meglio in posizione difensiva che in proposizione offensiva. Un’abitudine tuttavia sana, che aiuta a chiudere non solo le diagonali ma anche gli spazi all’attacco del Sassuolo.
Milinkovic – 6.5: Purtroppo lontano dalla forma di luce assoluta, è comunque come un bagliore – una trepida fiammella che illumina nel buio di una condizione fisica tanto inadatta da esprimere un giudizio. L’impressione è che ne abbia consapevolezza, e che cerchi di trasformare le ombre in spazi in cui nascondere la palla agli avversari – sempre al servizio della sua squadra. Insomma: se viene contenuto, anche lui contiene.
Cataldi – 6: Lo si nota più per il lavoro di recupero palla che per effettiva – o efficace – costruzione di gioco. Utile ma non indispensabile, comunque necessario per la costruzione bassa del gioco (Dal 77’ Vecino – SV).
Luis Alberto – 7.5: È il migliore tra i suoi, il trascinatore. Meglio: il pittore che pennella le giocate in area, una soprattutto destinandola sulla testa di Milinkovic – l’azione da cui, in prospettiva, deriva il vantaggio. Firma d’autore sulla partita, la sua: ha i suoi compagni nella sua visione di gioco, lucida ed eclettica, e ad ognuno destina un’invenzione. Vede gli spazi e quando non ci sono, li crea: grande periodo di forma (che corrisponde ad un grande periodo mentale).
Felipe Anderson – 7: La sufficienza non scarseggia e la prestazione galleggia a metà, sì, ma rasentando il fastidio quando prevale la sua evidente indolenza. Lo giustifica il dover giocare per lo più in una posizione non sua, che lo disorienta e gli impedisce la libertà di movimento di cui ha bisogno. Al centro dell’attacco è evanescente, sbaglia tutto quel che può sbagliare. Quando si sposta sulla fascia, però, ritrova la sua dimensione ideale, emerge la sua classe cristallina: velocizza, delizia, corre sull’erba che cresce sotto ai suoi piedi. E realizza così la rete più bella, quella che mette alle spalle non solo l’avversario ma anche le critiche.
Immobile – SV: il minutaggio necessario a confermarsi l’unico a correre, aggredire, avanzare. Un infortunio lo ferma e gli impedisce di allungare la serie da record. (dal 14’ Pedro – 6: Entra a freddo e ne risente; la sua esperienza, tuttavia, gli consente di trovare orientamento e fluidità in pochi minuti, tanto da chiudere la prima frazione di gioco mettendo in mostra sé stesso e il suo talento. Per due volte manca il gol.)
Zaccagni – 7,5: Autore dell’insperato vantaggio e della corsetta horror con cui prepara il tiro dal dischetto, entrambi da sospiro di sollievo immediato e ripetuto durante l’intero intervallo. E nell’altro che fa, c’è tutto l’essenziale che è più che sufficiente – soprattutto, è necessario per una squadra che deve proprio recuperare l’essenzialità. Sempre pronto a ricevere, a portar via l’avversario, a dialogare fitto la lingua che parla solo con Luis Alberto.
Sarri – 6,5: Dice che non si può allenare una botta di culo, ed è vero. Però si può allenare il tenere le posizioni per tutta la durata della partita, recupero incluso: la sua squadra lo merita, per il gioco prodotto nel tempo di gioco che deve – imperativo categorico – portare punti e risultati. Più o meno quel che è stato allenato oggi: lo spirito di sacrificio, l’abnegazione e la concentrazione senza cali. Le partite si possono vincere, insomma, non solo per fortuna ma anche per un gol che arriva all’ultimo minuto per coronare finalmente la massima resa.