di Arianna MICHETTONI (foto © Antonio FRAIOLI)
Reina 6.5 – la sua partita è un crescendo dall’incertezza del primo tempo alle ottime reazioni della seconda frazione di gioco: riesce tuttavia a dar buona mostra di sé nell’ordinarietà. C’è di buono il suo parlare tanto con i compagni, forse dote non fondamentale del portiere ma del leader sì. Eccellenti due interventi nel finale di partita.
Patric 6 – per gli aggettivi insolitamente calcistici, la prestazione del Gabarron si può definire “premurosa”. Ha premura del reparto difensivo, di cui partecipa e segue le fasi; ha premura della fascia, spingendo l’azione quando possibile; ha premura della palla, quando, non chiamata da nessuno, viene toccata – accolta – da lui.
Hoedt 6 – buone le sue chiusure difensive, ha probabilmente la scivolata più elegante dell’intero 11 laziale. Copre bene ed è un pregio, ma il difetto rovescio della medaglia è la fase propositiva: raramente azzarda di avanzare la sua posizione.
Acerbi 7 – fondamenta della struttura Lazio, è la certezza in campo di ottime letture difensive e scritture di trame di gioco. Contrariamente al compagno–figliol prodigo, lo si vede sovente sulla linea mediana – pure in attacco, quando l’occasione lo richiede.
Marusic 6 – lo ferma l’infortunio, ma non manca il valore. Nei 42 minuti giocati mostra una buona attitudine offensiva, proponendosi a sostengo dell’azione d’attacco e creando lui stesso occasioni interessanti. (Dal 42’ pt: Lazzari 6 – buono il feeling col reparto offensivo, buoni i movimenti per l’attacco, meno prestante in fase difensiva)
Akpa Akpro 6.5 – prende sempre più posizione a centrocampo, nel paradosso di più giovane veterano di questa squadra per la fluidità di inserimento nei meccanismi di gioco dei suoi compagni e per il perfetto sincronismo con l’ingranaggio biancazzurro. Sbaglia un gol facile agli occhi degli spettatori, perdendo così il premio esultanza e ovazione che avrebbe meritato.
Leiva 6 – si ferma preventivamente per evitare la serietà dell’infortunio, tanto capace di leggere sé stesso quanto le linee del pallone e i fili del destino di gioco. Imprescindibile per il centrocampo laziale, porta via avversari e storie di gratitudine per la maglia che indossa. (Dal 42’: Escalante 6 – fa buon filtro a centrocampo, sostituito a sua volta al 33’ ST per acciacchi vari ed eventuali. Al suo posto Parolo – senza voto, basta la sua definizione di uomo Lazio).
Luis Alberto 7.5 – non esiste una descrizione univoca del numero 10, perché, da tradizione, il numero 10 intrinsecamente rifugge ogni tipo di tratteggio. Luis Alberto è un po’ genio, un po’ misantropo, un po’ cinico, un po’ sarcastico: è, un po’, ciò di cui non si può fare a meno. La partita la vince lui, con il suo magnetismo irresistibile, capacità che lo porta a fare ciò che vuole quando, esattamente, lo vuole: in campo, col pallone, contro gli avversari, pure con Inzaghi. (Dal 33’ ST: Pereira – SV).
Fares 7 – un’intera partita ad alto ritmo, spingendo sulla fascia e creando occasioni per i compagni. Si prende il merito del raddoppio di Immobile, un assist che, al triplice fischio, garantisce i tre punti e il ritorno alla vittoria in campionato.
Correa 5.5 – a tratti snervante, quasi indolente, troppo impreciso. Incespica quando il passo si fa decisivo, raramente ha la meglio sull’avversario da affrontare, anche il tiro manca di quella forza che dovrebbe avere chi vuol lasciare il segno. (Dal 18’ ST: Muriqi 6.5 – entra bene, accumula minuti giocati e mostra le sue doti di catalizzatore della difesa avversaria. Al momento è il valore aggiunto dalla panchina).
Immobile 7 – “Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione”, così si riassume la sua prestazione suggellata dal gol vittoria, un calcisticamente letale colpo di testa, rapido d’esecuzione e al solito risolutivo. La fascia da capitano dona particolarmente al suo ruolo all’interno degli equilibri biancazzurri.
All. Simone Inzaghi 7 – buona la formazione, un turn over ragionato e ponderato. Le sostituzioni sono quasi obbligate, ma la sua capacità di non stravolgimento è ammirevole. Inzaghi è, in romantica similitudine, la personificazione del “quando vinci sei di tutti, quando perdi sei solo mia” – a tre punti conquistati torna il lungimirante stratega amato dal suo popolo, capace di arrestare malumori e preoccupazioni.