Il 28 ottobre prossimo saranno passati 40 anni dal tragico omicidio di Vincenzo Paparelli, ucciso da un lancio di un razzo nel derby dello stesso giorno del 1979 allo stadio Olimpico. In una intervista rilasciata all’emittente La7, il figlio Gabriele ha raccontato un dolore ancora vivo a distanza di decenni:
“Perdere un padre a 8 anni significa perdere un punto di riferimento della tua vita, stravolgere la propria esistenza. Mio padre era una persona fantastica, giovane. Eravamo una tipica famiglia di fine anni ’70: felice, allegra, genuina. Dava tutte le sue attenzione alla famiglia, ai figli, al lavoro. E in più aveva la forte passione per la Lazio. Mi si è sconvolta la vita nel giro di poche ore, quel giorno sono stato obbligato a crescere“.
“Ho saputo di quello che era successo solo la sera, anche se la partita era nel pomeriggio. Anche se avevo 8 anni avevo captato qualcosa, mi dicevo: “Possibile che tra tante persone sia successo qualcosa proprio a mio padre? Eravamo una famiglia molto unita, la domenica ci ritrovavamo nel nostro paese, a Valmontone. Pioveva, ma poi è uscito il sole, come uno scherzo del destino. Lui non ha resistito e ha deciso di andare. Io volevo accompagnarlo, ma mi ha detto di no perché essendo un derby c’era il rischio che succedesse qualcosa. Mi ha promesso che mi avrebbe portato la prossima volta. La sto ancora aspettando“.
“Non abbiamo mai potuto convivere con quello che è successo, non ci hanno permesso di superare la cosa, perché purtroppo negli anni siamo diventati un bersaglio. Ci sono migliaia di scritte per Roma: “10 100 1000 Paparelli”, “Paparelli te stai a perde i tempi belli”. Io da quando giravo con il motorino a 16 anni mi portavo una bomboletta spray sotto la sella per cancellarle, lo facevo per nasconderle a mia madre. Era un trauma per lei, la sua giornata era finita nel momento in cui leggeva quelle frasi.”
“Scendo ho capito che molte di quelle persone che scrivevano quelle cose e cantavano quei cori non sapevano neanche chi fosse Paparelli. Ho cercato di farglielo capire negli anni, ci stiamo ancora provando ma non ci siamo riusciti del tutto. Fortunatamente la tifoseria laziale ci è sempre stata vicina, a me e tutta la mia famiglia. Sono un tifoso sfegatato della Lazio anche io, ma ho la fobia dello stadio. Ci sono andato pochissime volte. Mi espongo per far capire che quello che ci hanno fatto.”
