di Giorgio BICOCCHI
Undici anni sono trascorsi da quell’undici novembre 2007. La Lazio di Delio Rossi attesa a San Siro dall’Inter. Il solito stuolo di appassionati pronti a seguirla. Il cielo grigio e l’umidità imperante. L’area sosta di Badia al Pino per sgranchirsi le gambe, prendere un caffè perché sarebbero mancate altre tre ore abbondanti prima di raggiungere Milano. Qualche scaramuccia con i tifosi di un’altra squadra. Perché le autostrade, nel fine settimana, sono un crocevia di passioni con tanti tifosi che, su e giù per lo Stivale, urlano cori e sfotto’.
Un incredibile sparo da una collinetta dell’altra carreggiata. Una pistola impugnata da un poliziotto. Uno sparo e Gabriele Sandri che muore praticamente nel sonno, colpito al collo, lui che in quella macchina e in quella sosta si era pure appisolato sul sedile.
Una morte assurda. Una di quelle che fatichi a cancellare dalla mente, tanto incredibile e inaccettabile. Sappiano Giorgio, Cristiano, la mamma, che Gabriele è diventato una Aquila immortale, vegliando sui tifosi della Lazio, grandi e piccoli. Novembre, undici anni dopo. Il solito dolore lancinante per una storia che mai evaporerà. C’è il sole, in queste ore, ed è forse un segno che, lassù, Gabriele è diventato, con la sua semplicità coinvolgente, il padrone di uno spicchio di cielo.
(Fonte: sslazio.org)