di Fabio BELLI

* Questo articolo viene pubblicato con 3 giorni di ritardo in ossequio ai tempi di trasmissione di DAZøN

Succede ogni anno, inizialmente arriva verso la prima domenica di giugno come la mucillagine. Una volta per sentirlo dovevi scendere al bar, in spiaggia nei primi weekend di riposo estivo, nelle cene tra amici con quelle candele sbilenche e il vento già caldo. Ora, con l’avvento dei social, basta consultare il pc, il tablet o lo smartphone anche sul divano di casa, o nella versione hardcore nella vasca da bagno con i Melvins al giradischi (segno di povertà).




Che brutta la domenica senza Lazio“, “Senza Lazio non so stare“, “-65 al ritorno allo stadio” e tutte cose di cui tu non vorresti parlare per un po’. Forse perché tu, che fai parte dell’integralismo laziale e non sei né disamorato né nostalgico del terzo tipo, quando comincia davvero il campionato ti chiudi a riccio e vuoi 38 vittorie su 38, e ogni sconfitta ti rovina il fine settimana a prescindere dalle cose veramente importanti del mondo (e mai estate come questa ci avrebbe dovuto insegnare qualcosa).




Ma noi, che non impariamo mai, dopo Lazio-Napoli eravamo già a soffrire, recriminare, pensare al periodo ipotetico dell’irrealtà rappresentato dal palo di Acerbi. E’ lì che, a tradimento, “come ‘na tranvata” diceva Gigi Proietti in un celebre film sull’ippica, ricompare l’esercito del “-65 allo stadio, senza Lazio non so stare!”. “Io lo sapevo“, “Squadra di indegni“, “La società non c’ha ambizzzzioni” (le z sono fondamentali)”, “Se magna li soldi“, “I soldi mia nun li vedono“. “Marusic, er vice Immobile, aaa difesa, Inzaghi yes man, er panzone, PostigaKakutaNovaretti (non possono mai mancare)”.

Tu, che senza Lazio non ci sai stare davvero, staresti volentieri anche senza questa messa cantata. Soprattutto dopo un mese di “Sai che magnata di soldi mo’ che vendono Milinkovic, non è andato in Champions apposta per venderlo“, e poi Milinkovic resta e si passa a: “Milinkovic gioca male perché voleva anna’ via, facevamo mejo a vendelo“. Mentre le altre squadre passano sopra a inauditi scandali edilizi, nottate in discoteca, abusi d’ufficio, ci mancano solo i crimini di guerra, di qui basta il calciomercato, uno starnuto, un’offerta del Siviglia, e C’E’ SEMPRE UNO STRONZO CHE STA COL TELEFONINO IN MANO a riprendere le telefonate di Lotito, santo cielo! (poi un giorno ci passerete anche gli audio di Sarri e De Laurentiis, così, per dire).




Ecco, tutto questo, tornando a bomba a quando stavi nella vasca da bagno, ti fa pensare che forse quelli che per tutta l’estate ti hanno rimbambito con “quando ricomincia il campionato???” per poi lamentarsi a pioggia un minuto dopo il fischio d’inizio, un po’ per i fondelli ti hanno preso, che avessero voglia che tutto iniziasse solo per cominciare di nuovo a lamentarsi. Ci hanno sempre insegnato che essere laziali è un po’ essere scozzesi in terra inglese, ma forse a qualcuno questa storia della minoranza, del siamo nati per soffrire, fa comodo e il conto alla rovescia magari lo fanno per quello. Anche perché ti viene in mente anche che quando agli scozzesi hanno chiesto di votare nel referendum per l’indipendenza che esigevano da 500 anni, hanno detto no. Non è che essere scozzesi, niente niente, un po’ vi piace?

Occhio perché cosa significa essere scozzesi ce l’hanno spiegato benissimo Renton, Spud e Sick Boy. Come diceva quel tizio tedesco, è bello ed emozionante stare seduti sul ciglio del precipizio a guadare l’abisso: il problema è quando è l’abisso a guardare te.






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