di Fabio BELLI
Sivori, Angelillo, Maschio, Corbatta e Cruz: nell’Argentina di fine anni cinquanta erano loro gli “Angeli dalla faccia sporca”, soprannome che si portò in Italia Angelillo, l’uomo del record di gol dei campionati a 18 squadre in Italia.
La genesi del soprannome viene da James Cagney, attore anni trenta che a dispetto di una stazza non da peso massimo, era un istituzione nei film di gangster americani. Un angelo dalla faccia sporca però è anche qualcuno che ti copre le spalle, magari facendo anche il lavoro sporco, quando serve e senza essere troppo appariscente.
Dire che Marco Parolo sia l’angelo dalla faccia sporca di questa Lazio è sin troppo facile, se non fosse per la faccia che poi tanto sporca non è. Al retaggio del bravo ragazzo, Parolino nostro però contrappone chilometri macinati in campo ed una disciplina tedesca. Un leader silenzioso ma non troppo di una squadra che Simone Inzaghi non ha esitato ad affidare nelle mani dei veterani, nel momento del bisogno.
Radu, Lulic, Biglia, Parolo, Marchetti: sono loro gli angeli dalla faccia sporca della Lazio, fuori da logiche spinte di mercato (con l’argentino ultimo della serie ad essersi tolto dalla piazza con il rinnovo ormai imminente). Ma Parolo ha qualcosa in più: potrebbe essere, a guardarlo bene, uno di quei pugili sudamericani che in mezzo al ring continuano a prenderle ma a non andare mai giù. Anche a Pescara, domenica, sembrava non volersi mai fermare, scatenato e capace di attaccare lo spazio come due anni fa, quando ai bei tempi la squadra di Pioli era pronta a conquistarsi la Champions.
Quattro gol (un centrocampista in Serie A non ci riesce spesso, l’ultimo, per dire, era stato Gianni Rivera nel 1969 contro il Brescia) permettono di tornare a sognare, ma non va dimenticato che Marco Parolo è stato anche l’angelo custode di una Nazionale che in una memorabile partita con la Spagna negli Europei francesi, quasi come un match tra Jake La Motta e Sugar Ray Robinson, ha annullato Don Andrés Iniesta.
Un lungo rinnovo di contratto aveva fatto storcere il naso ai soliti mai contenti: rinunciare a Parolo per la Lazio sarebbe come vedere Walter White rinunciare a Saul Goodman in Breaking Bad e non ritrovarsi più nessuno alle proprie spalle. Un angelo dalla faccia sporca serve sempre, più di tanti campioni accompagnati da chissà quali fanfare.